Testimonianze DI MELANIE ROCCOFORT


"Pulizzia" soggiorno a Calcutta, luglio 2009

Sono arrivati a Calcutta il Giovedi, 7th maggio 2009: momento tanto atteso ... stopensando dentro di me, saro' in grado di accogliere quello che sto per vivere?...quello che sto andando a scoprire?

Trovo senza alcuna difficoltà "Padre Francesco" (Padre François­-Marie, tutti qiu' lochiamano cosi'), che aspetta pazientemente l'arrivo del treno indiano, con una lapiccola ora di ritardo: niente di grave.

Da questo momento, e' come si accelerasse il tempo per me, in particolare dopo averpreso per la prima volta un "vero bus" di Calcutta, la prima cosa su cui il Padrecomincia a parlare con me. Sono i "più tipici" dell'India, qui, li usano fino alla fine ...e per essere in grado di prenderlo, non si deve esitare a gridare la destinazione!

Nonostante la fatica del viaggio, la gioia è grande e la motivazione ancora di più .Mi chiedo poco dopo dove sono, e se avro la forza di tenere duro. Ma, in realtàil "Padre mio di Calcutta" mi dice: io vedo gia' la gioia di questi bambini che stannoper conoscerti... "il primo incontro”!

Infatti mi sorprendono subito con il loro comportamento e la loro accoglienza. E'come se mi conoscessero da molto tempo e, allo stesso tempo sento che si aspettanomolto da noi, da me ... Tutto viene letto nei loro occhi scuri e brillanti.

Ho esattamente 8 giorni di tempo per adattarmi "completamente" ad essere in gradodi scoprire con i pellegrini della Carità le cose pratiche (percorso in autobus, luoghidi servizi ...) e quelli essenziali. E' necessario capire in fretta il loro modo di vivere,di essere, di reagire di fronte a tale situazione o di prestare attenzione su questo o suquello...di non dire sì a tutto, e di vigilare...di capire anche quando e' necessarioosservare e mantenere il silenzio ... il gioco è fatto.

Durante questa settimana, molte cose ci sono accadute. Prima di tutto, l'incontrocon i fratelli di Madre Teresa in Tingra, luoghi in cui anno vissuto i pellegrini dellaCarità e Nabo Jibon dove verrò ogni mattina per dare gli aiuti necessari.

Poi, dal secondo giorno, frate Francesco­Maria mi porta a conoscere il "principe" peril quale io avevo particolare tenerezza, un ragazzino di 16 anni di età. Chitka, il suonome, ha un cancro generalizzato. Sdraiato, immobile nel suo letto (non sempremolto pulito) in un angolo di questa grande stanza dell'ospedale, il mio piccoloprincipe trova la forza di sorridermi. Non avrei mai immaginato che una taledeformazione di un così piccolo corpo era possibile, ma lui rimane incredibilmentebello! E 'infatti il mio primo contatto con la povertà e la sofferenza fisica. Faccioconoscenza a poco a poco dei suoi sette fratelli e sorelle e dei suoi magnificigenitori, tutti vivono alla stazione ferroviaria di Sealdah. Io andrò a vederlo ognigiorno, più a lungo possibile, a volte accompagnato da Komol, un ragazzo grandedella stazione su cui mi posso appoggiare.

Un legame di amicizia ci lega. Ma lì i rapporti sono molto diversi e difficili dadescrivere, sono forti e incredibilmente belli, ma allo stesso tempo, hanno tanta forzadi libertà e all'interno dignità che mantengono una certa "distanza", una certa"indipendenza". L'ho vissuto così in ogni caso.

Poi, ci sono state varie attività, organizzate dal Padre per i figli della stazioneferroviaria, che ha proposto quella settimana:

Una "Mela" nel grande giardino che le sorelle di Loretto gli anno prestato: unpomeriggio di giochi, balli ... di semplici risate. Questo giorno è venuto il mago afar divertire, rendendo questo giorno più magico degli altri. Penso di essere stata iola piu' “incantata” da questa magia ... anche grazie a tutti I loro occhi brillanti dicuriosità, affascinati da trucchi di magia.Quale bambino europeo sarebbe stato cosi' felice di fronte a un semplice trucco dicarte da gioco?

Poi ho capito che in India è la semplicità, la povertà del cuore che porta la veragioia. Tanti non si rendono conto, anzi alcuni di loro vogliono essere ricchi come i"bianchi". Quando si rendono conto che la ricchezza più grande di denaro èpossibile, ma che loro non possono raggiungerla, allora possiamo scorgere nei loroocchi una grande e profonda tristezza ...

Questo pensiero si conferma nella serata che termina nella danza, dove a cui tuttihanno partecipato. Ballare con il fratello Fancis­Maria e il "suo amico", per tutti e'stato un momento privilegiato.

Il giorno successivo, è il giorno con i ragazzi più grandi della stazione ferroviaria.Visitiamo la chiesa di Bendel, luogo benedetto, mostrata dal piccolo video, quindi ciaccingiamo a fare un bagno. E 'un momento magnifico! Di veri amici! Ma questagiornata si conclude in modo "misterioso". Infatti, insieme a Komol dobbiamoandarcene presto per unirci a Chitka che è in cattive condizioni. Siamo arrivati alle 4:00 al suo capezzale, parla con difficoltà, respira male e a poco a poco, quasi nondistinguiamo il fiato. Con uno sforzo sovrumano sentiamo queste poche parole: "Padre, padre". Aspetta solo una persona, Padre Francesco, che arriva alle 08:45. Chitka ha il suo ultimo respiro alle 09:35.

Che bellezza in questa così grande sofferenza. India mi sembrava già contraddittoriain ogni cosa, ma lì, tutto mi sembra incomprensibile, perché irraggiungibile. La vitaè un vero mistero, ma raggiunge realmente questo mistero la sera dell'ingresso allavita reale di un essere, perché allora ci sentiamo così piccoli, così impotente comeabbiamo il coraggio di far uscire un piccolo respiro per paura di rompere questomomento incredibile, per paura di nascondere i raggi del bel sole di vita che hannoappena trafitto le nuvole della vita. Qualcosa e' passata, Ma che cosa? Dove siamo?Chi siamo noi per vivere questi momenti? Che bellezza! Che dolore! Ho la stranasensazione che in questo momento ho toccato con la punta delle dita qualcosa dimeraviglioso, ma indefinibile! Non guardo più lontano, né voglio capire di più. Mirendo conto che approfittare di ciò che ci è dato di vivere, e' la cosa piu' importante!Che lezione ci ha dato questo piccolo principe!

Poi il giorno successivo, durante tutto il giorno, l'accompagnamento del corpo edell'anima, da parte di tutti, la famiglia, i suoi amici ... Dopo aver "gettato" le sueceneri nel "ramo" del Gange, tutti ci siamo bagnati con piacere, accompagnandoloancora, una consuetudine per tutti noi.

Il Padre e i Pellegrini della Carità lasciano il luogo per andare a Bangalore dovepotranno seguire un corso di formazione medica per tre mesi. Dopo alcune buoneraccomandazioni del Padre e alcuni buoni consigli pratici, gli diciamo addio allastazione ferroviaria e qui se ne va. I bambini sono completamente "destabilizzati",mi girano subito intorno e anche se non ho ancora capito la loro lingua ho capitobene i loro occhi che mi chiedono qualcosa. Komol, che parla un po 'inglese traduceper me di seguito: "stiamo andando a fare la stessa cosa con Aunti (I) con il Padre?".Purtroppo, non sono stata in grado di sapere cosa era la loro routin quotidianapresso la stazione ferroviaria con i bambini, non ho idea se riusciro' a svolgere ilmio compito. Ma allo stesso sono incredibilmente fiduciosa in un aiuto dall'alto.

In India impariamo ad essere positivi, affidandoci alla provvidenza.

Poi, yallah! Non è il momento di essere inattiva! Comincio pacificamente la mattinacon i Fratelli di Madre Teresa, che mi danno il benvenuto. Loro aiutano i ragazzicolpiti da un handicap, sia gli anziani che i giovani... tutto si svolge a meraviglia ecol passare del tempo, i Fratelli mi mostrano la loro fiducia. Io li accompagno adalcune delle loro visite nei bassifondi verso Howra, la seconda stazione ferroviaria di Calcutta.

Di tanto in tanto gioco a pallavolo con loro quando i lavaggi, i letti e le faccende dicasa sono finite ... e per due volte anche mi unisco per un incontro serale a cui miavevano invitata.

Ho trascorso il pomeriggio presso la stazione ferroviaria di Sealdah. Mi sono moltolentamente messa in contatto con la loro vita, cominciando a visitare la famiglia diChitka, quelli che avevo già incontrato e quelli per i quali Padre Francesco­Maria miaveva chiesto di visitare di tanto in tanto. Molto velocemente mi mostrano cosa siaspettano da me. In un primo momento l'assistenza sanitaria, che faccio con lapiccola conoscenza che ho, poi la distribuzione di piccoli biscotti quando è possibile,e, infine, i ragazzi più grandi, in particolare Komol e Udjol, mi mostrano le personeche sono gravemente ammalate e che avrebbero bisogno di aiuto.

Con mia grande sorpresa, alla fine della settimana, ho cominciato a capirli di piu' eloro a sua volta mi hanno mostrano la loro fiducia.

Dopo un mese, gli ho iniziati a conoscere bene, e presto ho ampliato le mie piccolevisite ai più piccoli, recessi, nascosti, alla stazione ferroviaria e nelle baraccopoli checircondano, in particolare quella che uso ogni giorno per tornare alla mia camera.Ma, di andata e ritorno per l'ospedale sono più lunghe e più numerose.

Quindi, il secondo mese, ho smesso le mie visite a Nabon Jibon, i miei giorni sonostati spesi sostanzialmente in Sealdah. In mattinata, le visite in ospedale per unanonna e un bambino che avevo preso con Udjol, e nel pomeriggio, sono passata dauna piattaforma all'altra per vedere i miei amici. Quello che è strano è che più ciconoscevamo e più ho avuto l'impressione che i ruoli si sono invertiti. Che gioia!Abbiamo trascorso sempre più serate insieme fino 9:30, anche 22:30. Abbiamoballato, cantato, ma soprattutto abbiamo parlato. A loro piaceva raccontarmi storie obarzellette. Ho cominciato a essere in grado di essere capita. Siamo stati in grado diorganizzare alcune giornate particolari al di fuori Sealdah.

In breve, tutto ciò che sono riuscita a organizzata mi accorgo che e' stato favoloso,ho incontrato persone incrociate nelle strade o in ospedale e alcune sono andato avederle di volta in volta la sera quando non uscivo troppo tardi. Persone che hopotuto incontrare solo una volta, ma che io ricorderò sempre. Oh! Come la agisce laprovvidenza! Ogni giorno ho avuto la prova di questo, non appena ho messo piede instazione o appena ho visto gli sguardi penetranti di questi bambini. Oh sì, mi sentivoGesù in mezzo a loro. Ma quello che mi ha dato il più grande dei punti di forza, ilmio unico cibo, era la messa quotidiana la mattina alle 6:30. Il Signore ce lo dicenella scrittura, ma finché non lo viviamo a modo nostro, non immaginiamo questaforza misteriosa che ci viene donata da Lui che si e' fatto cosi' piccolo.

Con un po 'di sguardo all'indietro, ho la gioia più grande e allo stesso tempo unacerta frustrazione a notare e sentire fino a che punto devo dare nulla, ma che si trattadi questi bambini, questi piccoli principi che mi hanno dato tutto, non appena comepotevano non esitarono. Come siamo piccoli e deboli del nostro orgoglio europeo!Mi hanno fatto a conoscenza di molte cose, e soprattutto mi hanno insegnatomoltissimo! Ma ci sarebbe stato molto di più da scoprire con e da loro. Stavo solotoccando certe cose con la punta del mignolo.Ma, la più grande delle scoperte e il più eclatante, al mio livello, quindi solo unpiccolo periodo brillante, ma che è abbastanza per me, sono stati il vero "dono"I poveri possono prendere tutto da te. Madre Teresa ha anche detto che...

I poveripossono davvero prendere tutto da te, poi dare tutto per loro senza eccezione, rimarràsempre qualcosa in te. Quando senti le tue forze lasciando, dove finalmente si senteche hai dato tutto e che non hai niente di più, è proprio che non hai dato abbastanza,più esattamente, non ha dato abbastanza di voi stessi! Perché dare è necessario averricevuto, così il sacrificio di sé è un collegamento totale con la necessità e anche ildovere di ricevere. Mi spiego, a volte non accettiamo ciò che è dato a noi, non siamod'accordo a ricevere perché in realtà noi abbiamo l'orgoglio di voler dare tutto, e solodi dare. L'intenzione è buona, ma l'errore rischia di essere fatale!

Come dare, se non siamo d'accordo a ricevere? Questa accettazione è quindi unmodo anche per dare. Poi diamo la nostra arroganza, il nostro orgoglio e facciamonoi stessi piuttosto piccola per essere meglio in grado di ricevere ... ma cosafaremmo non dare seguito?! Ed è vero, senza rendersene conto, è il miglior regalolibero, totalmente libera e vera.

Un giorno, dicendo a me stessa di essere troppo stanco, mi sono permessa di alzarmi1 ora dopo, e cosa ha fatto sì che la mia anima non avrà la possibilità e la gioia diaccogliere il Signore e quindi "trarre" dalla fonte della sua cuore?! Non ho avutoneanche il tempo per la preghiera del mattino. La mattina e' passata via, dando tuttele mie forze per aiutare Nabo Jibon. Arrivati alla stazione di pomeriggio non avevopiu' forze. Non riesco nemmeno a sorridere più. Vado a fare il mio piccolo girodando il resto dei biscotti, ma rifiuto lo stesso biscotto che un bambino mi dà incambio. Sulla strada, rifiuto anche una soda protesami da Bapi, un bambino dellastazione ferroviaria: "Sono di fretta", gli dico. Più il pomeriggio passava e piùrimanevo chiusa ai bambini.

Che orrore, e che lezione ho ricevuto! Prima di tutto, ho capito la sera, che le miesole forze non erano abbastanza per me, neanche per un'ora. La messa è unanecessità vitale! Non solo perché ci dà "la forza necessaria",ma perché ci consentesin dalla mattina presto di essere in presenza del nostro Salvatore, dando tutto perlui, con gioia e semplicita': "Non sono io che vivo, ma colui che vive in me" (SanPaolo). Non è brillante?! Come possiamo stare noi, piccole formiche accanto algrande Re, senza avere la semplice umiltà di chiedergli se potevamo salire eaggrappaci a sua criniera regale?! Impossible!

Quindi, il semplice fatto di accettare il biscotto dal bambino mi avrebbe dato primadi tutto un po 'di forza fisica, ma soprattutto questa gioia che mi mancava. Perché ilfatto di vedere gli occhi del bambino splendente di felicità solo perché si mangia ilbiscotto che ci ha dato, ci rende felici!!. Senza dimenticare quello che ha detto lanostra Madre Teresa, "E 'Gesù che vive in loro". Non c'è felicità più grande!!! E,soprattutto, il nostro cuore è toccato dalla freccia che il bambino ci lancia, il segnodel suo amore, offrendovi l'unico biscotto che avrebbe potuto mangiare. Non hanulla, ma lo da' a voi... non ci sono parole per descriverlo.

E 'lo stesso per la soda, ancora una lezione. La necessità di "prendersi un attimo dipausa", perché sempre correre? Facciamo in pace quello che dobbiamo fare, elasciamo a Dio il resto. Ogni cosa arriva al momento opportuno, un'esperienza cosìforte e incredibile come si vive a Calcutta nel bel mezzo di questi bambini, permettedi gestirsi il tempo in maniera migliore. Rendere se stessi piuttosto piccoli, aiuta aricevere al meglio cio' che ci viene donato da questi piccoli in cui vi e' Gesu'. Poi,vedo che possiamo sperimentare questa frase di Madre Teresa, che diventa luminosae piacevole. Quanto più essi prendono da voi, più "puliscono" voi facendovi perdereil "guscio" rendendovi pronti ogni minuto, ad accogliere e ad ascoltare il Signore incoloro che incontrate.

Più diamo, più ci troviamo nudi e più abbiamo l'essenziale,solo l'essenziale, la nostra anima abitata dal Re dei Re.

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